- Dettagli
-
Categoria: Anno della Fede
-
Pubblicato Martedì, 23 Luglio 2013 21:57
-
Visite: 1182
Una enciclica a quattro mani, come lo stesso Papa Francesco afferma nella introduzione: «Egli (Benedetto XVI) aveva già quasi completato una prima stesura di Lettera enciclica sulla fede. Gliene sono profondamente grato e, nella fraternità di Cristo, assumo il suo prezioso lavoro, aggiungendo al testo alcuni ulteriori contributi» (7).
Nell’Introduzione(n°1-7) sono illustrate le motivazioni dell’Enciclica, a partire dalla capacità della fede di illuminare l’esistenza dell’uomo, aiutandolo a distinguere il bene dal male e a distoglierlo dalla visione ideologica che considera la fede un ‘salto nel vuoto’, che impedisce la libertà dell’uomo.
La fede non è quindi un presupposto scontato ma è in grado di illuminare ogni ambito dell’esistenza dell’uomo. È nella fede che rifulge l’amore di Dio che “ci trasforma, illumina il cammino del futuro, e fa crescere in noi le ali della speranza per percorrerlo con gioia”.
Nel primo capitolo (n°8-22), intitolato Abbiamo creduto all’amore (1Gv), la fede è spiegata come “ascolto” della Parola di Dio, come “chiamata” ad una vita nuova e come “promessa” per il futuro. La fede è anche connotata dalla paternità di Dio, sorgente di bontà ed origine e sostegno di tutto.
Nella storia di Israele, in antitesi alla fede, c’è l’idolatria che disperde l’uomo in una miriade di desideri e lo “disintegra nei mille istanti della sua storia”, negandogli l’attesa della promessa. La fede è tutt’altro: essa è in primo luogo affidamento alla misericordia di Dio, che ama, accoglie, perdona e raddrizza “le storture della storia”.
Nella contemplazione della morte di Gesù, scrive il Santo Padre, “la fede si rafforza”: in quanto risorto, Egli è “testimone affidabile” e, credendo in Lui, partecipiamo “al suo modo di vedere”. Così come nella vita quotidiana ci affidiamo a specialisti quali l’architetto, il farmacista o l’avvocato, nelle “cose di Dio”, abbiamo in Gesù, colui che ce Lo spiega.
L’incarnazione di Dio permette che la fede non separi l’uomo dalla realtà ma, al contrario, lo aiuti a coglierne l’aspetto più profondo. Inoltre la fede non può essere “un fatto privato” ma si realizza all’interno del corpo della Chiesa come “comunione concreta dei credenti”, i quali non perdono la loro individualità ma, ponendosi al servizio degli altri, realizzano il loro vero essere.