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Card. GIACOMO BIFFI -Â La fortuna di essere credenti
Fede, il vantaggio di essere credenti
Vi do una notizia un po’ riservata. Vi rivelo un segreto; ma, mi raccomando, resti tra noi. La notizia è questa: grande è la fortuna di noi credenti. Grande è la fortuna di chi è «cristiano»; cioè appartiene, sa di appartenere, vuole appartenere a Cristo. Grande è la fortuna dei credenti in Cristo. Però non andate a dirlo agli altri: non la capirebbero. E potrebbero anche aversela a male: potrebbero magari scambiare per presunzione il nostro buon umore per la felice consapevolezza di quello che siamo; potrebbero addirittura giudicare arroganza la nostra riconoscenza verso Dio Padre che ci ha colmati di regali. C’è perfino il rischio di essere giudicati intolleranti: intolleranti solo perché non ci riesce di omologarci – disciplinatamente e possibilmente con cuore contrito – alla cultura imperante; intolleranti solo perché non ci riesce di smarrirci, come sarebbe «politicamente corretto», nella generale confusione delle idee e dei comportamenti.
Conoscere il senso di ciò che si fa
È già una fortuna non piccola e non occasionale – che ci viene dalla nostra professione di fede – quella di conoscere il senso di alcune piccole consuetudini e di alcune circostanze occasionali. Per esempio, tutti mangiamo il panettone a Natale, ma solo i credenti sanno perché lo mangiano. Non è che il loro panettone sia necessariamente più buono di quello dei non credenti: è semplicemente più ragionevole. Un altro esempio: un po’ d’anni fa eravamo tutti eccitati e in tripudio per il suggestivo traguardo del Duemila che ci sarebbe stato dato di raggiungere: ma l’emozione e la festa dei credenti erano meglio motivate. Noi non ci sentivamo emozionati e in festa soltanto per la rotondità della cifra (duemila!); eravamo presi e allietati dal forte ricordo di un evento che è centrale e anzi unico nella storia: il ricordo del bimillenario dall'ingresso sostanziale e definitivo di Dio nella vicenda umana. Quell'anno appunto ci veniva più intensamente richiamata la memoria dell’Unigenito del Padre che è divenuto nostro fratello e si ravvivava in noi con vigore singolare la grande speranza che duemila anni fa ha incominciato ad attraversare la terra. Come si vede, tutta l’umanità festeggiava il Duemila; ma la nostra festa era innegabilmente più consistente e più razionalmente fondata.
Da: Avvenire 3 settembre 2012 Â